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Donne, non mollate! PDF Stampa E-mail
Scritto da Wendy   
venerdì 26 gennaio 2007
Donne, non mollate!Oggi ti racconto, perché tu lo dica ad altri che hanno avuto un'esperienza come la mia, di quando sono incappata nel cancro.

Un tempo si diceva "un brutto male" da cui non si usciva vivi.

Certo anche adesso càpita di morirne, ma si muore di tante cose e, comunque, sappiamo tutti che non siamo, per fortuna, immortali.

Allora... era la metà di luglio di dodici anni fa. Erano già pronte le valigie e l'arrosto e lo spezzatino per quando si arriva in baita, e non c'è tempo per preparare il pranzo.

Siamo a 2000 metri, lassù, accendo subito la stufa e tutti si sbrigano a liberare le finestre dalle protezioni contro il gelo invernale.

Mi ci vedo, ma come sempre, quando parlo della baita, cuore, occhi, pensieri volano lassù e dimentico anche il cancro. Bastava caricarla, la Niva, e l'indomani... via! Invece... invece ho sentito un nodo al seno, come uno gnocco.

Ne parlo a papi che, per prudenza -dice- ti accompagno dal medico. Visita, mammografia, ricovero in ospedale, un giorno per analisi -c'era anche la festa del patrono- e operata: mastectomia totale.

Neanche il tempo di rendermi conto: lo spavento l'hanno provato gli altri, perchè non mi risvegliavo dall'anestesia.

Devono avermi dato degli schiaffoni, io li sentivo chiamare, sentivo voci allarmate, ma restavo immobile; sono riuscita a pensare "devo far sapere che sono presente, devo comunicarlo in qualche modo"; provo con la mano, riprovo e sento il mignolo della mano destra che risponde al mio comando, e un grido vicino al letto"c'è, si riprende".

Era una luminosa giornata di fine luglio, una grande vetrata e una sacchetta collegata al mio corpo. Mi sono guardata in giro: c'era il papi, poverino, così spaventato da far pena.

Voi ragazzi eravate chi a Milano, chi in vacanza in Francia. Vi hanno informato e l'indomani siete arrivati, ricordo la lacoste rosa di Sergio, che sbirciava dall'angolo della porta, con un tenero sorriso; poi c'era Luigi,, stupito, con un orsacchiotto che ancora tengo sul mio comodino. Poi Chiara, rientrata con Matteo.

Ed è cominciata la mia lotta. A parte il cancro ero sana, piena di energia, voglia di uscire da quell'impasse. Ricordo il rimprovero dell'infermiera, che mi ha trovata in bagno da sola, e via via, ho legato un cordino sul balcone e lavavo i miei cambi di biancheria, piccole passeggiate con lo stelo portabottiglie (?) con la soluzione e la sacca.

Ci si abitua subito, e le camicie da notte prestate dall'Elvira perchè io non porto e non ho camicie da notte, ed il pigiama non andava bene.

Conoscenti, oggi sono cari amici, del posto, mi hanno parlato di un Istituto per tumori a Genova. Cerco sulla guida telefonica "IST". Prendo appuntamento e vado. Corriera, treno, bus.

Entro in terapia (è un istituto di ricerca), psicologa, controlli: 3 pastiglie di N. al giorno, se le sopporto. Le altre pazienti 2 pastiglie. Devono studiare gli effetti. Sono l'unica con 3. Va bene. Ho lo stomaco da coccodrillo e poi, càspita, se si deve provare, qualcuno lo deve pur fare.

Nausea? Vomito? Voglio continuare. intanto sono passati due mesi. All'IST aprono un corso sperimentale di Qi Cong. Aderisco subito, e per tutto l'inverno mi alzo alle 6 per la corriera, il treno, il bus, il pulmino interno al San Martino di Genova:

Un gruppo di donne disperate, poco combattive, alcune piangono, si dicono incattivite per la mala sorte, altre lasciano sfiduciate, acune non ce l'hanno fatta. Faccio due turni, è dura, perchè tra coincidenze varie rientro a sera.

Il dottor Flavio mi chiede di fare un altro turno per incoraggiare le nuove, ce ne sono sempre, di nuove. Ed alla fine una serata in pizzeria.

A casa continuo i miei esercizi, con i gridi rituali e tutto fiato. Papi ride: Ho fatto vedere ai familiari, marito e figli, la ferita; mi passano la protesi, ma subito la metto da parte. Mi basta un batuffolo di cotone ben sistemato.

Mi offrono di farmi un trapianto: un po' della mia pancia, e rifanno il seno senza timore di rigetto... è tutta roba mia; ma penso alle amazzoni. Faccio l'amazzone. Sto bene così.

Tre anni a 3 pastiglie, altri due a 2 pastiglie. Controlli ogni 6 mesi, scintigrafie, raggi X ai polmoni, mammografie. Ho fatto da assistente all'oncologo che veniva da Genova, ho tenuto una quasi conferenza nel salone del Comune.

Ho fatto parte di un gruppo con medici per promuovere iniziative di sostegno per le operate in depressione. Ho chiesto la presenza dello psicologo subito dopo l'operazione, perchè è facile lasciarsi andare, anche per il preconcetto che il cancro non si può curare.

E non è vero, non è vero: sono passati dodici anni ed ho vissuto normalmente. Il gruppo su cui credevo ed avevo messo tanto impegno l'ha buttata in politica, oltre tutto dalla parte opposta da come la penso io, e ho lasciato.

Insomma, bisogna credere che si può superare questa esperienza; dirò di più, ha anche un lato positivo: ci si accorge che sono altri i valori, ogni azione ha un altro significato, ogni giorno di vita è più importante, prima lo lasciavi scivolar via e non ti accorgevi che vedere il sorgere del sole è meraviglioso, non è scontato.

Te lo sei guadagnato col tuo impegno, la tua lotta per la vita, davvero giorno dopo giorno.

Provare per credere: per me il cancro è stata anche una lezione che mi ha arricchito. Non escludo, con questo, che ci siano anche altri modi per arriccchire lo spirito. Ma ciascuno fa tesoro di quello che ha.

E sono felice, quando torno lassù a 2000 metri, adesso solo col pensiero, ma cosa può fermare il pensiero?

Donne, non mollate: come dice Nietzsche "morte verrai, ma mi troverai in piedi".

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