Dante a generazioni di studenti non è mai piaciuto.
Da noi al liceo, la prof. d'Italiano faceva quello che noi definivamo il "RischiaDante".
Tutti i lunedì mattina, per tre anni, c'era questo incubo, che durava un'ora, interrogazione a tappeto sulla Divina Commedia, cosa che, invece di avvicinarci alla sua lettura critica ed alla conoscenza, ce la faceva odiare -ho riletto Dante in età più tarda, con uno spirito diverso-.
Tant'è che mi ricordo i gabinetti occupati da tutta la classe, tranne due compagni, che erano sempre preparati e sempre presenti, ad
aspettare la campanella per tornare in classe, quando qualche altro compagno della nostra sezione, con lo stesso incubo per il martedì, ci
faceva da palo.
La prof. era di spalle e noi di corsa fuori dai cessi, in classe a mettere la R di ritardo sui nostri nomi, prima che arrivasse Galimberti (ora troppo famoso e superimpegnato nei programmi televisivi, per ricordarsi di noi, poveri studenti del liceo Zucchi).
Era il nostro insegnante di Filosofia e Storia, ma suppliva anche al vuoto culturale che ci lasciavano gli altri insegnanti.
Una delle sue lezioni che amo ricordare è quella sulla rilettura della poesia Alla sera di Foscolo.
Lì saltava fuori il Galimberti migliore, via i parametri metrici,
la poesia destrutturata ed rianalizzata in chiave analitica, filosofica, linguistica, estetica...
Scusate il mio amarcord, ma stanotte è stata una notte di riflessione.
Una notte di mezz'età, appunto.
Non pensavo, a questo punto della vita, di scontrarmi con le mie lacune "linguistiche".
Ho sempre messo la lingua italiana come centro di gravità permanente, adesso devo fare i conti con realtà che non mi competono, o meglio nelle quali non sono competente.
Parlo della lingua inglese, che ho sempre trattato come a prescindere da.
Ora, nella realtà della maglia, mi è stato fatto notare che, per
affrontare il mercato estero (cosa che non era nei miei programmi, ma
vista l'alta audience del sito, mi tocca considerare) dovrei fare le
seguenti cose:
1) imparare l'inglese in modo da avere quasi (mi è stato concesso il quasi)
la stessa padronanza che ho con la lingua italiana, il che mi sembra
impossibile, per lo scarso tempo che ho a mia disposizione;
2) leggere tutte o quasi (concesso anche qui il quasi) le
pubblicazioni che riguardano le varie tecniche, tra cui quelle di cui
si sta parlando nel Forum, con tutta la buona volontà e col vocabolario
potrei tentare di farlo. Ma quando?
3) ultima possibilità, che mi sembra la più logica, oltre che sbrigativa, affidare
ad una persona competente la stesura della parte relativa ai filati
come vista dalla parte delle fruitrici anglosassoni ed americane,
stessa terminologia per consigliare i filati adatti per tecniche che
sono differenti dalle nostre, come si è evinto in questi giorni sul
Forum.
Ora, chiedo consiglio a voi, knitters poliglotte, anglofone ed anglofile, che devo fare?
C'è qualcuno di veramente esperto (niente rosmarino, origano e timo) che, dietro compenso, niente di vincolante, non
amo i vincoli, -una toccata e fuga- è in grado di impegnarsi nel
lavoro che non sono in grado di portare a compimento, con la promessa
-a me stessa- di imparare quel che posso, magari leggendo proprio i
testi che mi avete consigliato?
Grazie e fatemi sapere.
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