Scritto da Wendy
|
venerdì 23 gennaio 2009 |
bovitz.com
Che festa quando in mezzo all'Oceano scorgi un'altra nave che si avvicina.
Corri subito con l'occhio a cercare la sua bandiera, la nazionalità -e sai che gli altri stanno facendo la stessa cosa- e vai alla radio per metterti in contatto con quei naviganti e sentire la loro voce, la loro lingua: di solito il primo impatto è in inglese, se poi ti accorgi che "di là" c'è qualcuno che parla come te, lo senti fratello.
Allora si chiedono notizie, è uno scambio allegro di informazioni "dove andate, da dove venite e come ci si trova da quelle parti? le donne sono belle, com'è la vostra paga? il vostro carico dove lo portate, in quanti siete a bordo, il "barba" (il comandante) è un rompiscatole?
"Noi torniamo, tra venti giorni saremo a casa (cioè si tocca terra,
perchè la casa è ancora lontana), ma forse la moglie riesce a
raggiungerci al porto d'arrivo".
C'è sempre questa speranza.
Intanto le
navi vanno, ognuno prosegue per la sua rotta, uno verso est, l'altro dal
lato opposto, ed è tutta una contentezza a bordo, un diversivo su cui
poi si fanno congetture per tutto il giorno.
Oltre alle sule, ai
sargassi, al punto di navigazione col sestante, c'è stato un incontro
umano.
E' bello. In fondo l'umanità è questa, cercarsi, comunicare
scambiarsi idee: mai, mai che uno chieda all'altro di che colore sia la
sua pelle o che religione segue: i marittimi sono fratelli che girano il
mondo per tornare a casa un giorno.
Forse la terraferma ci guasta, gli
spazi degli oceani, coi loro pericoli sempre incombenti, li fanno sentire
tutti davvero uguali, solidali, perchè quando arriva l'onda anomala
travolge tutti nello stesso modo, e se ti prende ti porta in fondo tra i
gorghi lasciandoti solo il tempo di gridare "mamma" in una qualsiasi
lingua del mondo.
Però fino all'ultimo momento, col grido strozzato in
gola, gli occhi guardano in alto cercando il cielo.
Aggiungi ai preferiti (894) | Riporta quest'articolo sul tuo sito! | Visualizzazioni: 5130 | Stampa
|