Scritto da Maria Luisa
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mercoledì 16 dicembre 2015 |
Tra tante dipendenze, oltre a quella, ormai perpetua, alla lana, mi doveva capitare quella ai marron glacé?
L' insana malattia è iniziata con la prima scatola, acquistata per fare il servizio fotografico insieme al filato per realizzare il "cappotto di Natale" (che faremo a gennaio) il cui nome è in onore alla glassa traslucida che avvolge i marroni, Glacé.
Erano impacchettati uno ad uno e si faceva pure un po' di fatica a
toglierli dal loro involucro lussureggiante blu... A posteriori ho
capito il perchè di questo "infioramento" un po' palloso: per
scoraggiarne l'abuso.
Ne ho provato uno, tanto per testare il prodotto, poi ho scartato il
secondo per fare la foto, ma non c'era la lana (certo che no! ero sul
divano di casa) e me lo sono mangiato e così via, fino all'ultimo.
Da quella scatola, sono diventata marronglacé-dipendente.
La prima cosa che cerco al supermercato sono loro.
Vanno bene anche quelli che nascono male, quelli che si vendono spezzati
(ho letto che succede spesso, durante la lavorazione, che si
frantumino), non sono belli da vedere, ma buoni sono buoni. Non essendo
impacchettati (e quindi pure rispettosi dell'ambiente), finiscono in
bocca subito.
Ma come fare a fotografare quelli rotti? Non fanno certo una bella figura. Meglio mangiarli.
Adesso che sto scrivendo, mi farei un bel marron glacé mattutino, ma purtroppo li ho finiti.
Devo contenermi, giuro che compro l'ultima scatola per fare 'sta benedetta foto, che, naturamente, non ho ancora scattato.
Ho pure cercato riscontri storici di questo delizioso prodotto e se per
caso ci fosse stato qualche studio sulla dipendenza (pare che non sia la sola ad averla!) o qualche leggenda
del santo Marron Glacé.
Ho trovato la ricetta, che è pure brigosa, nella quale si parla persino
di "novena". Praticamente la castagna di partenza (marrone) alla fine è
satura dentro e fuori di zucchero. Una bomba.
La maternità di questo dolce (troppo dolce) se la contendono i
piemontesi di Cuneo e i francesi di Lione. Io propendo più per i primi,
per esperienza personale ed affinità elettive, che ho (as)saggiato in
questi giorni.
Mancavano i marroni e mi sono mangiata i cuneesi, che mi hanno portato
dal luogo (n.b.: non erano tutti al rhum) e che, anche se coi marron glacé c'entrano come i cavoli a
merenda (i quali sarebbero molto più salutari) ne hanno supplito egregiamente la mancanza.
Spero che 'sto cappotto finisca in fretta, che la stagione dei marroni passi, che l'Epifania che se li porti via, come le Feste.
Dulcis in fundo, come se non bastasse la glassa e tutto il resto, il "cappotto di Natale", Glacé, verrà realizzato col punto Brioche, altra dipendenza del momento.
Dico io, come fare a resistere fino al 16 gennaio p.v., giorno del WorkShop Glacé, con Laura Virginia Manfredi , che a quanto pare, pure lei è dipendente ai marron glacé, nonchè al punto Brioche?
Le iscrizioni sono aperte qui, se sopravviveremo al diabete.
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