Non vorresti incontrarlo. Ne faresti volentieri anche a meno.
Ma, a volte e spesso, lo incroci sulla tua strada e devi per forza di cose, fare la sua conoscenza e farlo accomodare nella tua vita.
Conoscerlo è la prerogativa per accettarlo. Accettarlo vuol dire fronteggiarlo. Ad armi pari (o quasi).
Ed eccomi qui a parlare ancora una volta del mio incontro con lui, quello di cui i nostri anziani preferivano non pronunciarne il nome o sottovoce chiamavano "ul timur", il timore, scambiando il termine sottaciuto con un altro che racchiudeva, appunto, la paura, il fantasma, che tale doveva restare e possibilmente chi ne era affetto, doveva assolutamente non sapere di avere.
Ma oggi lo chiamiamo per nome. T U M O R E.
Anche i medici, vivaddio, te lo dicono in faccia quando ce l'hai, spesso
anche troppo brutalmente. Ti dicono anche quanto più o meno riuscirai a
sopravvivergli -e molte volte sbagliano clamorosamente, in meglio o in
peggio-.
Nel 2004 mi avevano dato sei mesi di vita. Chi mi riportò la buona novella fu il medico che mi ha sostenuto (e che mi sostiene tuttora) durante i trent'anni di malattia di mia mamma e la mia. Non fu dolce, quella volta. Alle mie lacrime reagì molto male. Disse che bisogna saper affrontare la morte in modo dignitoso.
Avevo 47 anni, un figlio ancora adolescente ed una madre da accudire, un lavoro nuovo di pacca (Unfilodi era appena nato 4 mesi prima). Come potevo morire in modo dignitoso?
Non mi diedi per vinta. Diagnosi affrettate, pensai ed andai ad accertarle altrove.
Diagnosi affrettate e sbagliate. Niente metastasi alle ossa. Operata al seno all'Istituto dei Tumori, niente chemio solo radio. Ma lo perdonai, il dottore. Errare è umano.
Guardando alle mie spalle, quante amiche perse per strada a causa sua (del tumore, non del dottore!). Una miriade di stelle cadenti, manco a San Lorenzo, in una notte serena, ne vedi tante.
E tante ne ho trovate, di compagne di sventura, durante la degenza ed ai controlli. Ti sembra di essere in una grande comunità, con gli stessi problemi e le stesse domande. Quanto tempo avrò?
Nella vita di tutti i giorni è più difficile individuare chi è passato da questa esperienza. Molte cercano di nascondere il proprio vissuto.
Anche se, a volte, ci danno delle esibizioniste-disinibite (parole della mia ex-osteopata, che dopo un'uscita del genere non mi vide più).
Ricordo una scena dell'ultima stagione di Sex and the City, quando la -disinibita- Samantha (non che le altre tre amiche lo fossero meno e sì che non avevano avuto il tumore al seno!), durante un discorso per la raccolta fondi per la Ricerca sul Cancro al Seno (che incontrò, tra un uomo e l'altro, pure lei) tra lo sconforto per le vampate di calore e stufa delle parole di circostanza, si liberò della parrucca.
E come lei, una dopo l'altra tante donne tra i vari tavoli si alzarono e scoprirono il loro capo senza capelli, gettando le parrucche... Se volete (ri)vedere la scena, qui.
Fu l'unica volta in cui non mi addormentai, davanti alla tele e durante la serie...
Ho pensato che sarebbe bello fare una raccolta di pattern di chemocaps, che, a mio parere, sono più divertenti delle parrucche, oltre che più salutari.
E qui chiedo la vostra partecipazione e la vostra competenza, ai ferri ed all'uncinetto... I pattern saranno a disposizione gratuita su Unfilodi e su Ravelry.
I filati per i prototipi li mette, naturalmente, Unfilodi.
Da quel mio incontro del 2003 quasi 2004, non guardo più "quello che non ho "... Ho imparato ad apprezzare quello che ho e che mi è rimasto. Innanzitutto, l'amicizia, quella vera, che non è fatta di smancerie, ma di fatti concreti.
Tante amiche perdute -ma erano amiche?- stavolta non a causa del tumore, ma per merito suo.
Riconquista del tempo e dello spazio e di chi è degno di dividerlo con me. Scremature, spontanee molte, ma la maggior parte volute.
E voglia di vivere e vincere, anche e specie nel lavoro. Quindi, non tutti i mali vengono per nuocere.
Una forza interiore che non credevo di avere. Non prima di allora.
Penso che sia questa la forza che muove Linda Krag, owner di Denise, che ha avuto la mia stessa esperienza, la stessa forza che ci unisce, al di là delle distanze, con un nastro rosa. E con dei ferri circolari...
Badate bene... Non è la forza della disperazione!
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